martedì 21 aprile 2009

DAGHERROTIPI / 2


Vittorio Novara(1897-1972) e Virginia Bianchi(1901-1965) erano i miei nonni materni.

Di Vittorio conservo ancora un ritratto a olio che gli feci in seconda liceo, mentre se ne stava tranquillo sul dondolo,con quel suo strano profilo da gatto:la prima Grande Guerra gli aveva tolto lo stomaco,da militare ;con la seconda, per una granata, aveva,da civile, perduto la parte inferiore del mento.
Durante la prima Guerra,poco piu' che bambino, lo avevano insaccato in una divisa e mandato in prima linea, si era fatto due anni di trincea e Caporetto,cosa per cui si merito' poi l'onoreficenza di Cavaliere di Vittorio Veneto.
Il 'Cavaliere', lo chiamavamo per ridere.
Lui invece era un mite,un 'filosofo', con un'intelligenza matematica, una memoria di ferro e il gusto per le sciarade.
L'unica volta che in vita sua fece il 'duro' fu quando si ostino' a non firmare l'adesione al Fascio, nonostante le dosi abbondanti di olio di ricino, cosi' che l'Amministrazione delle Ferrovie lo 'consiglio'' di andarsene al confino in un paesello dell'Abruzzo, con i tre bambini e la moglie che tossicchiava.
Del resto anche Virginia non aveva voluto dare la sua fede d'oro perche' fosse fusa per la gloria dell'Impero, come avevano fatto quasi tutte le donne della borgata.
Lei aveva forti nostalgie di signorilità, che mal governava, minata nel fisico per gli stenti.
Della cucina sapeva l'arte squisita e delicata, niente di romagnolo di tradizione, magari qualcosa di vagamente francese.
Di lei ricordo la sera di un Sabato di Pasqua, con le campane della chiesa del borgo sciolte,dopo le undici,e quel suono sopraffatto dai gorgheggi di Tosca,mentre uccideva Scarpia, che andavano e andavano, nel disordine dei cibi,sui fili di un impianto domestico.
La sua vita era stata piena di slanci,pur nella miseria dei giorni.